+39 348 9983871

Giuseppe Arena: “La musica è comunicazione, è logos applicato al suono”

Giuseppe Arena: “La musica è comunicazione, è logos applicato al suono” – Intervista al contrabbassista Giuseppe Arena.

 

  • Quando suoni, tu e il contrabbasso siete un’unica cosa: come definiresti il rapporto che hai con il tuo strumento?

Il rapporto con lo strumento è un rapporto molto intimo, viscerale. Parte dalle risonanze del corpo umano, con il risuonatore che è lo strumento stesso. Cioè, quando il contrabbasso vibra, io vibro con lui. La tastiera non è altro che un’estensione della mia anima e del mio pensiero musicale.

 

  • Cosa ti ha spinto ad approcciare al mondo della musica, quando è cominciata questa magica storia?

In realtà sono state delle circostanze che mi hanno portato ad approcciare alla musica. La prima è quella di aver vissuto in un quartiere molto difficile come quello di Soccavo, area Rione Traiano. A mia madre non piacevano le frequentazioni che abitualmente avevo nel mio rione, e mi ha portato a casa di mia zia. Lì, i miei cugini ed i loro amici suonavano la chitarra; per entrare a far parte di quel gruppo ho cominciato anch’io a farlo. Poi mi sono spostato al basso perché volevo suonare con loro. Perciò, le mie primissime esperienze musicali, dai quattordici anni in poi, sono state proprio insieme a loro. Così, fino ai venticinque anni, abbiamo avuto questo gruppo tra cugini e amici in cui facevamo  musica rock.

 

  • È stato semplice adattare il tuo modo di fare musica, ad un contesto come quello di Napulitanata?

Sì, è stato semplice. A livello culturale e spirituale la canzone napoletana classica mi ha sempre attirato, anche perché mia nonna e mia madre cantavano queste canzoni; sono cresciuto con queste melodie. L’approccio con Napulitanata è un approccio più che cordiale, visto anche il livello di conoscenza ed amicizia che ci lega con i fondatori.

 

  • Come e quando nasce la tua avventura con i membri di quella che in futuro sarebbe diventata Napulitanata? Raccontaci un po’.

Il rapporto con quelli di Napulitanata nasce all’incirca verso la fine del 2011, quando mia moglie, Maria Emanuela Renno doveva fare degli spettacoli con un’Associazione teatrale artistica, Agorà Arte di Miano. Lì lavorava come insegnante di canto e di musica, Pasquale Cirillo. Mia moglie mi ha dato l’onore di assistere alle prove ed allo spettacolo che hanno realizzato, facendomi conoscere il direttore dell’Associazione, Renato Di Meo. L’anno successivo, io, Pasquale, mia moglie e il batterista Angelo Calabrese, abbiamo fatto uno spettacolo per Agorà Arte, all’Osservatorio Astronomico. Lì è iniziata quella che in futuro sarebbe diventata Napulitanata. Nel 2014, per un lavoro che abbiamo realizzato all’aeroporto di Napoli, ho contattato Fabio Esposito, percussionista che io conobbi come batterista Jazz al Conservatorio di San Pietro a Majella. Gli avevo chiesto se avesse un amico che suonasse uno strumento tipico della canzone Napoletana classica, così mi presentò Mimmo Matania, fisarmonicista. Ecco, da qui è nata Napulitanata; il nome è stato proprio scelto da noi come Ensemble, e accompagnava gli spettacoli di Agorà Arte.

 

  • Qual è l’aspetto che ti piace di più dell’esser parte di Napulitanata?

Qual è l’aspetto che mi piace di più di Napulitanata? L’amicizia che si è formata, il gruppo che si è costruito. È raro. È normale che ci siano dei litigi, forse anche delle invidie, invidie sane legate ad una semplice e fisiologica competizione che viene a crearsi. Il musicista è vanesio, come anche per i cantanti, vuole star in prima linea… quindi ecco, per competizione intendo quella bella, quella che spinge a migliorare la musica e te stesso come strumentista. In questo senso parlo di “invidia legata alla competizione”.

 

  • La tua passione per la musica è mai riuscita a portarti in giro per il mondo?

Sì, è riuscita a portarmi fuori. Ho suonato a Barcellona e a Londra, in situazioni diverse, con strumentisti diversi, e musiche diverse. Sono stato al Teatro Tradicional a Barcellona, con musicisti associati, tramite un Festival realizzato da tre scuole di musica. C’era la Scuola di musica di Napoli “Musicisti associati”, una scuola musicale di Barcellona e una di una città Francese nei Pirenei. A Londra invece ebbi modo di suonare vicino Whitechapel tramite un amico, Danilo Ricciardiello, e Saria Giobbe, che lavorano a Londra, sono musicisti e fanno questo come mestiere. È stata davvero una bellissima esperienza. La musica mi ha poi portato in giro per l’Italia… con Antonio Onorato e la sua formazione viaggiavamo molto per l’Italia. Ho visto e spero di vedere posti sempre magnifici e conoscere sempre persone nuove.

 

  • Nel rapporto con la musica, senti di aver già dato il massimo oppure cerchi sempre di metterti alla prova e riscoprirti?

Beh la seconda. Cerco sempre di scoprire cose nuove e di sperimentarmi, di lavorare su me stesso. La musica come ogni altro lavoro, quando arriva a un momento di stagnazione può diventare pesante, soffocante. Da lavoro artistico, la musica ha sempre bisogno di libertà, di sperimentarsi per crescere, come persona, come uomo… questo è fondamentale.

 

  • Quali abilità avrebbe bisogno di coltivare un futuro musicista?

Più che abilità, a prescindere dal talento innato, c’è bisogno di dedizione, sacrificio e lavoro. Le abilità le abbiamo per natura, ognuno di noi è diverso. Se poi con il lavoro riesci ad avere una tua tecnica personale su qualsiasi tipo di strumento, allora lì quello che sta funzionando è un’altra cosa. È la dote che ci ha dato Madre natura, il pensiero, il “logos”. Ognuno di noi ha un logos diverso, si esprime e usa parole diverse anche dicendo la stessa cosa, questa è la musica. La musica è comunicazione, è logos applicato al suono, allo strumento.

 

  • Hai un sogno nel cassetto per la tua imminente carriera?

Il mio sogno nel cassetto? Più che un sogno è una missione. Quella di vivere con la musica e per la musica. Anche facendo l’insegnante, e poi suonando. Vivere la musica in tutti suoi aspetti e vivere di musica.

 

  • Se non avessi intrapreso la strada come musicista, cosa avresti amato fare della tua vita?

Ah… questa è un po’ complicata. Io ora ho trentotto anni, sono vicino ai quaranta. Adesso risponderò in questo modo, forse tra qualche anno lo farò in un altro. In realtà sono state delle circostanze a portarmi su questa strada, più che averla intrapresa. Che io non abbia voluto abbandonarla, questo è un discorso legato a quella dedizione e quel lavoro di cui parlavo. Io personalmente dico che non ci sarebbero state altre strade, perché è proprio la mia vita che è fatta così. Ovviamente poi la musica non ti permette unicamente di fare il musicista, sarebbe riduttivo. Con la musica puoi lavorare in tanti settori, dalla composizione all’insegnamento, alla costruzione di nuovi strumenti, fino ad arrivare al musicista che è sì l’espressione massima della musica, ma non è tutta la musica. Quindi la mia risposta è che non ci sono altre strade; se ci fossero allora si tratterebbe di mero campare, di guadagnare per vivere.

 

Di Claudia di Neubourg

 

Related Posts

Leave a Comment!

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »
0
preloader