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Donata Greco – “essere musicisti cambia radicalmente il punto di vista sull’esistenza”

Donata Greco “essere musicisti cambia radicalmente il punto di vista sull’esistenza”

 

Musicista o si nasce o si diventa. E tu, come hai scoperto l’amore per i tuoi strumenti?

Musicisti si diventa con la pratica sicuramente… l’amore per i miei strumenti io l’ho scoperto come succede un po’ con il colpo di fulmine: lo vedi e t’innamori, anche se non sai niente di lui o di lei. Ho sempre avuto un fascino per gli strumenti a fiato. Pian piano, crescendo, ho iniziato a giocare con gli strumenti che c’erano in casa finché poi non mi è stato regalato un flauto da papà, e da lì è iniziata una storia d’amore senza fine.

 

Ci racconteresti quello che accade quando siete solo tu e i tuoi strumenti?

Cosa accade quando ci sono solo io e i miei strumenti… con nessun altro intorno? Ehm… succedono tutta una serie di cose. Io ho la mia routine di riscaldamento, pochi esercizi ma buoni servono per entrare in contatto con lo strumento, per chiedergli “ciao, come stai?”. Poi dipende da quello che bisogna fare. Solitamente, se devo preparare qualcosa mi dedico a quello che devo studiare o registrare. È sicuramente un momento molto intimo, c’è una parte di routine e poi c’è una parte di ricerca. C’è chiaramente la parte del monta-smonta, anche in questo caso un momento molto intimo, molto materno, in cui mi dedico alla manutenzione dello strumento: questo accade ogni volta, è indispensabile.

 

A volte capita di non riuscire ad essere fermi sui propri obiettivi. Cos’è che ti ha spinto a non

mollare fino ad oggi?

Cosa mi ha spinto a non mollare fino ad oggi? Il fatto che ogni volta che ho pensato o ipotizzato di fare qualcosa che non fosse la musica, sono stata peggio di… di sempre. E quindi è un’ipotesi che non contemplo più, nonostante le difficoltà della mia professione, per me non c’è discussione su questo. Non saprei dirti esattamente che cos’è che mi spinge a continuare, ti posso solo dire che non posso far altro. Ci ho provato, e alla fine anche se posso fare per bene altri mestieri, non riesco a star bene con me stessa quando li faccio.

 

C’è qualcosa che fai per rendere il tuo lavoro ogni giorno sempre sorprendente?

Fare il musicista è uno studio continuo, quindi nel momento in cui sono finiti gli stimoli personali, bisogna cercarli un po’ altrove. Noi siamo fortunati, perché oggi con la tecnologia è facilissimo mettersi su internet e cercare cose nuove. Alla brutta, se nella peggiore delle ipotesi non ho più stimoli, sono annoiata e non ho più voglia: cambio strumento. Infatti, anche adesso mi ritrovo in una fase in cui sto riprendendo a suonare la chitarra, che suonavo da piccola, un po’ il pianoforte, sto studiando canto… ed è bello. Perché ogni volta, riscoprirsi principiante ti dà la forza di riaffermare le vecchie competenze ma anche vederle sotto un altro punto di vista e pensare “però c’è ancora da migliorare”, anche dall’altra parte… quindi aggiungi sempre cose nuove a quelle che già conosci.

 

Ritieni che il tuo lavoro influenzi in maniera positiva o meno qualche aspetto della tua vita?

Io dico sempre che come il prete o la suora, o il monaco, un giorno si sveglia perché di notte ha ricevuto la chiamata, per me è lo stesso. Quindi, per quanto io distingua la dimensione professionale da quella personale, non potrei essere la persona che sono se non fossi una musicista. È proprio una cosa inevitabile, anche per questo si ricollega un po’ alle prime domande: io non posso fare a meno di esserlo, indipendentemente dal tipo di professione che poi si esercita. Ma essere musicisti è un qualcosa che influenza la tua vita a 360° a partire dalla cura del corpo, a finire a come si ascoltano le persone o i contesti, oppure i suoni che ci sono intorno a te. È una cosa che ti cambia radicalmente il punto di vista sull’esistenza.

 

Credi che dopo questi ultimi e duri anni, qualcosa sia cambiato nel tuo approccio alla musica?

Io prima già lavoricchiavo online. Adesso, semplicemente lavorare online è diventato il mio obiettivo principale, ed è bello, perché mi consente di inseguire ancora di più la carriera artistica senza impormi limiti geografici, viaggiare molto di più ed essere sempre in contatto con tante persone di culture diverse contemporaneamente. È una crescita continua, culturale, musicale, umana… su tutti i piani. Quindi sono riuscita in qualche modo a fare di un momento di crisi un’opportunità, benché comunque mi manchi la vecchia dimensione sociale e fisica della musica, che piano piano stiamo recuperando.

 

Ci diresti qualcosa in merito alle tue esperienze di musica on the road?

Ti potrei raccontare un sacco di cose… in generale ti dico che è la cosa più bella del mondo e anche la più stancante. Però è sempre bello vedere come poi attraverso la musica, le persone ti aprono un mondo. Sono stata ospitata in casa della gente, per andare a suonare in posti che altrimenti non avrei visitato. Mi hanno offerto da mangiare, mi hanno dimostrato quanto amano la mia musica, che può essere la mia, o anche semplicemente musica italiana nel mondo. Mi è capitato a Budapest per esempio, di portare brani italiani che magari ho suonato anche con noia, e che però erano il mondo per le persone che mi stavano ascoltando. Oltre al fatto che a volte ti accorgi veramente che, soprattutto quando suoni per strada, tanta gente che non se lo aspetta e che è sensibile alla musica, cambia davvero umore, perché ti ascolta suonare. Ad esempio mi è successo a Londra, città grigia per definizione, città di impiegati: tanta gente in giacca e cravatta si è fermata e mi ha ringraziato con le lacrime agli occhi, e questo è impagabile. Ti mette davanti al fatto che con il tempo, tendi a dare per scontato il valore di quello che fai, però poi tramite queste bellissime persone alla fine te ne ricordi sempre.

 

Come ti sei avvicinata al mondo di Napulitanata?

Diciamo che è come se io ne avessi sempre fatto parte, perché l’ho vista nascere per mia fortuna. Conoscevo Mimmo e gli altri ragazzi di Napulitanata da prima che si aprisse la sala, e quindi la mia collaborazione con loro gradualmente è diventata sempre più fitta. Però è iniziata in maniera naturale, anche perché avendo io studiato a Napoli, la musica napoletana comunque fa parte delle mie radici. Quindi anche questo è successo in maniera naturale, ed era un po’ inevitabile.

 

Rispetto al tuo modo usuale di fare musica, come si differenzia l’esperienza con Napulitanata?

Cosa cambia… intanto non devo portarmi i microfoni quando suono da Napulitanata, e questo è un sollievo! Per me è meraviglioso suonare qui, perché in realtà metto in campo tutte le mie competenze, dalla formazione classica a quella jazz, perché c’è spazio per l’improvvisazione, per i cambi di tonalità improvvisi, in base a quale cantante si presenta. Che poi non sono improvvisi, è tutto stabilito a priori… però a volte ci capita la richiesta dal pubblico, e quello per me è un momento di sfida e di gioco veramente ricercato e interessante. Per il resto, siccome faccio musica elettronica, suonare senza corrente è chiaramente un’esperienza diversa. Molto intima, ma assolutamente piacevole e liberatoria, perché molto spesso la musica elettronica ti costringe a degli schemi, che in questo caso non ci sono.

 

Hai in mente progetti futuri per te stessa e per la tua carriera da musicista? Raccontaci un po’…

I progetti futuri per me stessa e per la mia carriera da musicista… il mio sogno è quello di lavorare completamente online come già sto facendo, però chiaramente sempre meglio. Continuare a produrre musica, che è la cosa che mi interessa di più in assoluto: per me stessa, inediti, per il cinema, film e televisione. Sarebbe veramente un sogno! E poi conservare questo privilegio di riuscire a suonare in qualsiasi parte del mondo mi sia richiesto, Napulitanata compresa.

 

Di Claudia Di Neubourg

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