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La musica ha svoltato la mia vita: Antonio Sacco si racconta

La musica ha svoltato la mia vita: Antonio Sacco si racconta – Antonio Sacco nasce nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, dove trascorre gli anni della gioventù, in un contesto arido, e dove spesso, ancora oggi, è difficile intravedere uno spiraglio di luce. La sua passione per la musica, nata per puro caso, offre al nostro Antonio un’opportunità di riscatto, una speranza: la speranza che, in un quartiere come quello in cui era nato, sembrava essersi perduta. Dal 2003 ha inizio la scalata al successo di un trombettista eccezionale: negli anni, Antonio Sacco si è visto partecipe di numerosi eventi di rilievo, dimostrando che è possibile fare più di quello che il contesto ci propone, credendoci fortemente e senza arrendersi mai.

 

A che età hai approcciato per la prima volta al mondo della musica?

 

La mia passione per lo strumento nasce all’età di 11-12 anni, quando grazie ad una gita scolastica siamo andati al circo: vidi un trombettista suonare accanto ad un cavallo… io amo gli animali. Da lì è scattata una scintilla verso la tromba, che all’epoca ricordo non riconoscevo neppure come strumento. Perché sì, la musica mi è sempre piaciuta, ma non avrei mai pensato di fare il musicista nella vita.

 

Cosa vedevi attorno a te, cosa offriva San Giovanni Barra ai giovani del quartiere?

 

Io sono di San Giovanni a Teduccio, sono cresciuto tra Barra e San Giovanni. Il quartiere non offriva niente… in quel periodo facevo parte dei “ragazzi a rischio”, sede Ponticelli: eravamo un gruppo di ragazzi, alcuni di loro avevano una passione per la musica, qualcuno suonava la batteria, un altro il basso. Abbiamo vinto un concorso per “GT ragazzi”, un programma della Rai, facendo una piccola musichetta che scrissi io all’epoca; quest’esperienza ci ha portati anche a registrare in Rai… è stata una bellissima soddisfazione. Nei nostri quartieri l’unica cosa che veramente richiama la tradizione musicale, è la Festa dei Gigli. In realtà Barra, San Giovanni e Ponticelli, come tradizioni, musicalmente sono forti, infatti qui sono nati tantissimi musicisti. Però, quando sei bambino, la cosa che ti affascina e ti spinge a studiare uno strumento, è salire sul Giglio, perché quando Sali lì sopra è come se fossi su un grande palco per noi del quartiere: ovviamente mi riferisco a Barra, San Giovanni e Ponticelli.

 

Cos’è davvero San Giovanni Barra rispetto a quello che comunemente si dice?

 

Barra, San Giovanni e chiamo anche Ponticelli a questo punto, perché è il triangolo cosiddetto “della morte”. In realtà tra Barra, San Giovanni e Ponticelli, girano tante cose belle, che purtroppo non vengono sponsorizzate perché si sa, una notizia cattiva fa più rumore di una notizia buona. Ad esempio, a Ponticelli c’è anche la Festa della Madonna delle nevi, una festa popolarissima che anche persone da fuori vengono a vedere. Però siamo sempre allo stesso punto, purtroppo i quartieri non ti offrono niente come opportunità di lavoro, come opportunità di studio, si è costretti a spostarsi, perché vengono un po’ dimenticati dalla grande metropoli che è Napoli. Se vogliamo calcolare la bellezza di questi posti (perché sembra strano, ma questi posti hanno qualcosa di bello), per esempio a San Giovanni c’è il lungomare, Barra ha le ville vesuviane… queste sono cose che se valorizzate, possono attirare milioni di turisti, perché garantisco che sono bellissime. Ah, e non dimentichiamo che negli ultimi anni, grazie alla presenza dell’Università Federico II, il quartiere di San Giovanni ha ripreso vita, c’è stata una certa riqualificazione.

 

Credi che approcciare al mondo della musica abbia svoltato la tua vita?

 

Certo, la musica ha svoltato la mia vita, perché… se non avessi fatto il musicista, oggi non so cosa farei. Le passioni nascono da un momento all’altro… purtroppo però, a chi come me proviene dalla strada, a volte nascono passioni che poi non portano a nulla di positivo. Mi sono innamorato prima dello strumento e poi della musica, mi ha dato grandi soddisfazioni, soprattutto nella conoscenza di altre cose: di luoghi belli che se non grazie alla musica, mai avrei visto.

 

Se non avessi intrapreso questa strada, come immagini sarebbe andata?

 

Allora… come sarebbe andata non lo so, perché il contesto è veramente pesante. Oggi faccio parte della Fanfara dei Vigili del fuoco di Napoli, dove occupo il ruolo della prima tromba. E adesso, quando magari facciamo una parata importante, dove ci sono marescialli, generali di spessore, dico: “mammamia! Da dove vengo… e dove sono adesso!”. Mi emoziono, perché guardo sempre con quegli occhi del bambino che viene dalla strada, quella è una cosa che non mi può togliere nessuno, allora noti una grande differenza.

 

Il periodo della pandemia ha messo a dura prova anche gli artisti: come hai superato quel momento?

 

La pandemia per me è stata un terremoto, mi spiego subito: noi musicisti siamo h24 operativi, e stare tutto quel tempo in casa per me è stata una tragedia assurda. Però l’abbiamo superata… l’abbiamo superata con lo studio, mettendo un video su Youtube, ci siamo inventati un po’. E poi ovviamente mancava proprio “il ruolo”, perché il nostro ruolo è dare spettacolo… non puoi suonare in un palazzo per tante ore al giorno, perché la gente ti reclama. Questa è stata dura, ma l’abbiamo superata, e poi dopo la pandemia ci sono state tante belle cose. Però anche la pandemia ha portato cose positive, nel senso che grazie ai social, grazie al web, abbiamo fatto tante conoscenze, ho conosciuto musicisti nuovi, ho fatto delle collaborazioni anche a distanza. Fortunatamente poi economicamente, dato che faccio questo da professionista, sono riuscito a non sentire quel “disagio economico”; e il mio pensiero va a tanti colleghi che se la sono vista brutta, perché non avendo contributi, facendo cose magari… più leggere, se la sono vista un pochino male, il mio pensiero va a loro.

 

Che emozioni provi oggi quando suoni, ti stupisci ancora a fare ciò che fai?

 

Allora, quando suono non è che mi stupisco, io vivo per quello che faccio. Quindi per me è sempre la prima volta, può essere una nota o un concerto intero: bisogna avere sempre la voglia di fare bene e bisogna avere sempre lo spirito di stare in partenza. Perché se lavori con la prospettiva di dire “Io sono bravissimo, io sono il numero uno”, non lavori bene e poi non ci metti la passione e i sentimenti che ti regala la musica.

 

Come e quando è cominciata la tua esperienza con Napulitanata?

 

La mia esperienza con Napulitanata nasce grazie ad una chiamata con Mimmo Matania, con cui siamo amici fraterni, dove lui mi propose il progetto. Io inizialmente pensai “Va bene dai, chi lo sa cosa facciamo con questo progetto” …ero un po’ scettico, anche perché Napulitanata è una stanza, io non vedevo un teatro, dicevo “mah… e che se po’ ffa dentro a ‘sta cosa”. Quando poi mi sono presentato all’inaugurazione, già lì ho visto una magia, ma una magia negli occhi dei miei colleghi, come se fossimo già forti; nel senso “ci siamo incontrati, sicuramente andrà bene”. Oggi Napulitanata è una realtà importantissima nella mia vita, perché essendo napoletano, suonare musica napoletana è gratificante, soprattutto quando ami la cultura del tuo popolo.

 

Cosa ne pensi dell’Associazione Napulitanata, credi nel suo valore socioculturale?

 

Nell’associazione Napulitanata credo tantissimo, anche perché una piccola stanza che richiama centinaia e centinaia di turisti, per me porta il mondo a casa, cioè il mondo in una stanza. Quando vai a suonare, dalla tua propria abitazione passi a vedere un tedesco, un americano, un francese, un cinese… dici “uà! Mammamia, ma ‘cca c’è il mondo!” e lì ti carichi e capisci che Napulitanata è una cosa magica. Poi con l’entourage di Napulitanata ho buonissimi rapporti con tutti.

 

Cosa ti ha offerto e continua ad offrirti Napulitanata?

 

Napulitanata non è che ti offre: Napulitanata ti fa vivere. Ti permette di conoscere culture nuove senza dover girare il mondo per scoprirle… è un’esperienza unica. Perché sì, noi abbiamo tutte le culture del mondo a due passi da noi… cioè, quando noi suoniamo, il pubblico non è come quando sei su un palco che lo tieni giù, io ce l’ho accanto a me, e allora riesci a respirare e vivere proprio il momento. Ti dà l’opportunità di far conoscere la musica Napoletana classica in tutto il mondo, rappresentata da un gruppo di giovani.

 

Continua a seguirci per scoprire le novità sui nostri artisti e le date dei prossimi concerti di Napulitanata!

 

Di Claudia Di Neubourg

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