(immagine di copertina roma.net)
Pasqua in Campania – La celebrazione delle feste cristiane si tinge di colori diversi da Regione a Regione, con diverse usanze, leggende, tradizioni culinarie e, soprattutto, musicali che arricchiscono la festa.
Anche in Campania vale lo stesso, e se nel periodo natalizio è per lo più Napoli a rubare la scena con la sua bellissima San Gregorio Armeno e la tradizione presepiale, per la festività pasquale diventano protagoniste le Processioni del Giovedì e del Venerdì Santo, giorni di meditazione della passione di Cristo, celebrate in modo pittoresco in provincia e sulle isole, costituendo le tradizioni musicali della Pasqua in Campania.
A Procida, per esempio, la tradizione è nota con il nome di Processione dei Misteri: all’alba un gruppo di giovani isolani, vestiti con gli abiti dell’Antica Confraternita dei Turchini (fondata nel XVII secolo dall’ordine dei gesuiti) intonano il Miserere e portano a braccia carri allegorici chiamati misteri dall’antico borgo di Terra Murata fino al porto di Marina Grande.
Nella penisola sorrentina, invece, il rito si articola tra le giornate del Giovedì e il Venerdì Santo: attraverso la Processione Bianca e quella Nera, si commemora la Crocifissione di Cristo in tutta la penisola intonando canti preghiera accompagnati da trombe e tamburi.
Un’altra significativa tradizione musicale resta la Processione di Minori: in questa località i Battenti, penitenti incappucciati vestiti di bianco e cinti da grosse funi di canapa, celebrano la Santa nelle giornate del Giovedì e Venerdì, intonando anche in questo caso canti, detti toni “e vascie” (di sotto) e ncoppe” (di sopra), che dal 2010 sono stati riconosciuti dal MiC come “Bene Demoetnoantropologico Immateriale”. Scopri di più!
Tra le tradizioni musicali di Pasqua in Campania, una delle più celebri è senza dubbio quella in onore della Madonna dell’Arco presso il Comune di Sant’Anastasia: tra la Domenica di Pasqua e il Lunedì in Albis i devoti, uomini e donne di fede vestiti di bianco con una fascia azzurra e rossa, si recano al Santuario della Madonna dell’Arco per pregare e donare oggetti ex voto come pegni per le grazie ricevute.
Qui ritroviamo sia le figure dei Battenti o Vattenti sia dei Fujenti, come immaginario delle genti che fuggono dai paesi limitrofi per accorrere, un tempo scalzi, al Santuario e celebrare la Santa.
Anche in questo caso si intonano canti di devozione lungo il pellegrinaggio, dando spesso a quest’ultimo un tono patetico attraverso urla, pianti e suppliche.
In realtà Vattenti e Fujenti hanno connotazioni distinte: i primi, rappresentano fin dall’origine coloro che pellegrinavano verso il Santuario; i secondi, invece, nascono in un momento successivo definendo coloro che per non perdere la corsa battevano i piedi attendendo l’ingresso.
Lo scenario patetico e melodrammatico è strettamente legato all’origine della venerazione della Madonna dell’Arco, che si articola in due principali leggende di età moderna:
la prima risale al XV secolo, quando la figura della Vergine, posta in un’edicola al di sotto dell’arco di un antico acquedotto romano (da cui Madonna dell’Arco) fu colpita per sbaglio dal tiro di un giovane che stava giocando a pallamaglio, facendo sanguinare la guancia della santa icona.
A seguito dell’evento il giovane fu condannato all’impiccagione, ma alla morte del ragazzo l’albero si seccò sotto lo sguardo incredulo del popolo.
Una seconda leggenda risale al 1589 e racconta il castigo che la Vergine inflisse alla donna Aurelia del Prete. Questa, in occasione del ringraziamento alla Madonna per la guarigione da una grave malattia al piede recò al Santuario un porcellino e un ex voto in cera. Tuttavia, nella calca di quel giorno l ‘ex voto si ruppe e il porcellino scappò, provocando le bestemmie della donna che l’anno dopo fu punita perdendo entrambi i piedi, ancora oggi esposti nel Santuario.
Tra le più varie tradizioni musicali della Pasqua in Campania la Processione della Madonna dell’Arco rimane il culto più sentito nel Napoletano, tale che la sua fama concorre con la celebrazione della Madonna del Rosario di Pompei e quella del Santuario di Montevergine.
Lo stesso Santuario consta di un Museo inaugurato nel Giubileo del 2000: il culto popolare che abbraccia tutte le genti e la vastità e varietà degli ex voto, permettono di paragonare la sentita fede al culto di San Gennaro e il suo Tesoro.
Questa processione è la più memorabile tra le altre perché trasuda un forte pathos a tratti quasi dionisiaco che dà un doppio volto alla città: tanto religiosissima, superstiziosa e devota da un lato, quanto pagana e terrena dall’altro. Un popolo contraddittorio ancora una volta che ama sfoggiare le sue radici classiche ben commiste alla tradizione cristiana.
I canti preghiera volti alla Madonna e la musica che li accompagna rendono la processione teatrale e suggestiva e accrescono la fama del culto, che diventa evento imperdibile tra le tradizioni musicali della Pasqua in Campania e simbolo identitario della nostra cultura territoriale.
Il lunedì in Albis è celebre anche per le Tammurriate che si svolgono in tutta la Campania nei pressi dei Santuari dedicati alle Madonne (La Madonna dell’Avvocata, di Briano, di Castello, di Bagni, di Montevergine, dell’Arco e delle Galline): conservare, valorizzare e rendere fruibili le nostre tradizioni è un nostro diritto e un nostro dovere… appena sarà possibile, dopo le restrizioni causa Covid, avremo tutti più voglia di una Tammurriata liberatoria!
Buona Pasqua da tutti noi di Napulitanata!
di Rosaria Esposito
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