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Cari lettori,  siamo giunti all’undicesima puntata delle avventure del nostro supereroe, l’antagonista Ciro è ormai un ricordo lontano (o forse no?) ed il suo amore con la bella Maria procede a gonfie vele. Intanto dalle lunghe chiacchierate con i suoi giovani amici e frequentando la gente del quartiere, il nostro Gennaro porta avanti la sua missione e non perde l’occasione per far ascoltare un brano o raccontare un aneddoto legato alla storia della Città. Ed è proprio ciò che accade in quest’ultima puntata: il racconto delle eroiche gesta dei partigiani durante le quattro giornate di Napoli, tra cui spicca la figura di un giovane Sergio Bruni, riesce a restituire ai bimbi il coraggio e la fiducia nel futuro, persi in questi mesi bui lontani dal mondo. E allora grazie perché ci seguite sempre ed un grande in bocca al lupo a tutti i bimbi e le loro famiglie che si accingono a ritornare finalmente sui banchi di scuola e in bocca al lupo a tutti gli insegnanti che in questi mesi hanno fatto uno sforzo immane!

Buona lettura

Eva

Gennaro Cerulli e le quattro giornate di Napoli

Gennaro e Maria trascorrevano ore a parlare, ridere, camminare mano nella mano tra i vicoli di Napoli.

Quella mattina il nostro supereroe volle portare la sua amata al Castel dell’Ovo per godere degli ultimi scampoli d’estate nella fresca brezza settembrina. I due innamorati adoravano scavalcare il muro del ponticello che conduce al Castello e sedersi abbracciati sugli scogli, con qualcosa di buono da mangiare tra le mani, per godersi la meraviglia di quel microcosmo, ascoltando melodie meravigliose come ‘O Marenariello.[1]

Vi siete mai soffermati ad ammirare quanto brulica di vita, quante storie e segreti nasconde il luogo più magico della Città? Pocanzi, non a caso, ho usato il termine microcosmo poiché è proprio quella la sensazione che si vive osservando la vita che ruota intorno ai pescatori dell’antico Borgo Marinari.

Se ad esempio vi affacciate dal ponticello di cui sopra, potrete ammirare una miriade di scugnizzi di 7/8 anni, biondissimi e abbronzatissimi, con indosso un costumino striminzito che guidano con una destrezza degna di un grande comandante, i gozzi presi in prestito dai padri appena rientrati dalla battuta di pesca notturna. Su un altro gozzo, davanti all’elegante circolo Savoia, generose matrone distribuiscono succulente merende a base di frittatina di maccheroni, mozzarelle in carrozza, pane, melanzane a funghetto e mozzarella agli scugnizzielli che le agguantano al volo da un’altra imbarcazione e ripartono per mille nuove avventure. Intanto i camerieri dei ristoranti preparano i coperti per accogliere i turisti, già sazi dall’incanto di quel posto unico al mondo. Mentre Maria e Gennarino erano seduti ad osservare questo incanto, sentirono il vociare dei bambini che si avvicinavano. I piccoli angeli cercavano di non disturbare la giovane coppia, ma ogni tanto il desiderio di fare due chiacchiere sulla canzone napoletana con Gennarino era troppo forte e allora iniziavano a cercarlo nei luoghi più belli della città e con un istinto quasi soprannaturale (ma guarda un po’) lo trovavano sempre.

<<Ciao Bambini>>, urlarono all’unisono i due innamorati!

<<Ciao Gennarino, Ciao Maria, che gioia vedervi!>>.

Era una gioia per gli occhi vedere l’allegra combriccola che attorniava i due innamorati, incantata ad ascoltare le storie di Gennarino.

<<Allora bimbi, siete felici di tornare finalmente sui banchi di scuola, insieme ai vostri compagni?>>

<<Finalmente potrò tornare a fare scorribande per tutta la scuola!>> disse Antonio il più peperino di tutti ma con un cuore grande!

<<Ed io finalmente potrò stare tutto il giorno insieme alla mia migliore amica>>, aggiunse con occhi languidi la bella Alessandra.

<<La maestra ci ha detto di fare una ricerca sulle 4 giornate di Napoli Gennarino. La ricorrenza cade tra il 27 ed il 30 settembre e la nostra insegnante vorrebbe che una volta in classe, ognuno raccontasse un aneddoto particolare, perché non ci aiuti con i tuoi racconti Gennarino, ti prego!>>

<<Ragazzi, ma è davvero un piacere potervene parlare, anzi inizierò facendovi ascoltare una bellissima canzone tratta dall’album “Levate a maschera Pullecenella” di Sergio Bruni sui versi di Salvatore Palomba. Voi lo sapevate che il partigiano Guglielmo Chianese, in arte Sergio Bruni, è stato insignito della medaglia al valore militare per il suo contributo nell’insurrezione contro i Tedeschi? >>

<<No, non lo sapevo>> rispose Umberto, il più colto e curioso. <<Ma so che il 15 settembre ricorrerà il 99 anniversario della sua nascita.>>

<<Esatto Umberto! Dunque, il nostro amato Sergio Bruni, prima di diventare un cantante famosissimo, che ancora oggi viene ricordato come “La Voce di Napoli”, ha contribuito, insieme ad alcuni amici d’infanzia, a sminare il Ponte che collegava Napoli a Chiaiano. In questo modo i tedeschi speravano di isolare l’Hinterland dalla città poiché nei giorni precedenti le truppe naziste dovettero affrontare una grandissima rivolta popolare che vinsero poi i napoletani, classificando Napoli come la prima città in tutta l’Europa occupata ad essersi liberata dai soldati del Reich.

Il giovane Cantante fu una figura fondamentale durante l’insurrezione e rimase anche ferito gravemente. Al termine del conflitto mondiale volevano conferirgli la medaglia al Valore militare che lui rifiutò perché ritenne di aver fatto semplicemente il suo dovere.

In seguito, come vi anticipavo, sui versi di salvatore Palomba, pubblicava un album di denuncia sociale in cui c’è un brano che voglio farvi ascoltare si chiama “Napoli nun t’ ’o scurdà

 

‘O vintotto ‘e settembre d’ ‘o quarantatrè

se tignettero ‘e russo e giesummine

for’ ‘e balcune ‘e Materdei.

Uommene, femmene, vecchie,

 guagliune che sapevano ‘a storia malamente

 e guagliune ca nun sapevano niente

sapettero ‘o stesso chello c’avevano fà.

Napule nun t’ ‘o scurdà.

Ma quà chitarre e manduline,

‘o vintotto ‘e settembre d’ ‘o quarantatrè

p’ ‘o Vommero e Pusilleco

 p’ ‘e Funtanelle e ‘o Ponte ‘a Sanità

l’accumpagnamento ‘o faceva ‘a mitraglia

e ‘o scugnizzo cantava:

– Jatevenne,

fetiente, carugnune, jatevenne! –

strillava

curreva

sparava

e mureva.

Napule nun t’ ‘o scurdà.

Mureva, senza sapè, p’ ‘a libbertà libbertà

senza discorse cumizie e bandiere,

bisogno ‘e libbertà d’ ‘a pecora e d’ ‘o lupo,

bisogno ‘e libbertà ‘e ll’ommo

ca nun s’era avvelenato ancora

cu na montagna ‘e parole,

semplicemente libbertà.

Napule nun t’ ‘o scurdà.

 ‘O vintotto ‘e settembre d’ ‘o quarantatrè

‘o popolo napulitano cumbatteva

pe’ cancellà cient’anne

‘e lazzarune e lazzarunate,

francischiello e francischellate,

vermicielle,

tarantelle,

Pulicenella e Culumbina

festa forca e farina

e tutte sti cazzate

che ll’avevano nguaiato.

Napule nun t’ ‘o scurdà.

‘O vintotto ‘e settembre d’ ‘o quarantatrè

‘o popolo napulitano combatteva e moreva

pe’ scrivere ‘int’ ‘a storia finalmente

quatto pagine tutte cu ‘o stesso nomme:

DIGNITA’!

[2]Napule nun t’ ‘o scurdà!

 

Quando l’ascolto del brano terminò, Gennarino e Maria si resero conto che i bimbi avevano i lacrimoni, erano scossi, ma al contempo,  nei loro occhi si era accesa una fiamma vividissima di fierezza, di orgoglio, stima verso quei concittadini così coraggiosi da sfidare il nemico e liberarsi prima della fine del conflitto Mondiale. La prima città occupata in Europa che si era resa libera grazie al coraggio dei napoletani.

Quanto sangue, quanto cuore aveva questo popolo.

I due innamorati rimasero a parlare con i bambini finchè il cielo di settembre non si tinse di rosa e si resero conto che quel racconto li aveva rafforzati. Parlare delle gesta dei nostri predecessori, raccontare la forza e la tenacia del popolo napoletano, li aveva resi ancor più orgogliosi e i piccoli confessarono anche che nonostante fossero felici di tornare tra i banchi di scuola, una paura troppo forte li avvolgeva, avevano passato mesi troppo difficili. Ora quasi non avevano più fiducia nel futuro, ma pensare al coraggio del popolo a cui appartenevano, gli aveva dato nuova forza, nuova linfa!

Napule nun t’ ‘o scurdà!

Eva Sansanelli

 

[1]  Ottaviano, Gambardella, 1893

[2] Palomba-Bruni, 1976

 

 

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