Cari lettori, i mesi passano e il nostro supereroe, con mia grande soddisfazione, conquista sempre più i vostri cuori.
L’ultima puntata ha avuto un successo incredibile e spero che la prossima possa coinvolgervi ancor di più facendovi entrare nelle viscere di un grande amore.
A far da sfondo come sempre, mille scorci di Napoli e le melodie meravigliose della nostra canzone napoletana, patrimonio enorme che spero di poter ricordare attraverso questo racconto scanzonato e che mi auguro voi facciate ascoltare a più persone possibile. Abbiamo un tesoro, una grande eredità… proteggiamola, come si fa con i grandi amori.
Vi auguro una buona lettura
Eva
In una notte torrida, nella quale il caldo smuoveva il corpo in una danza inquieta, senza permettergli di riposare ma lasciandolo stremato dalla stanchezza, Maria si rigirava nel letto madida di sudore. Un calore insopportabile la catapultava tra veglia e sonno e un’agitazione sorda la condusse in uno stato onirico pieno di visioni.
Il pomeriggio precedente lo aveva trascorso con Gennaro ad esplorare gli angoli più reconditi della città. I due innamorati, curiosi di entrare nelle parti più segrete di quella capitale moderna ma cristallizzata in un passato ancora attualissimo, cercavano frescura tra i vicoli. Il loro giaciglio d’amore era una volta una piccola scalinata nel cuore della Pignasecca, lontano dal vociare degli ambulanti, un’altra un muro sotto un’edicola votiva dove sacro e profano si univano in un sincretismo senza tempo. La città era il loro letto, il loro rifugio. Ogni centimetro di tufo giallo custodiva e proteggeva quell’amore scoppiato all’improvviso e che ogni giorno si faceva più nobile e intenso, complice e profondo. Ai due innamorati non bastava più il tempo di una passeggiata, ormai le loro anime si erano ritrovate e Napoli faceva loro da casa. Questo sentimento così profondo spaventava i due amanti ma li convinceva sempre di più che non era stato vano cercarsi per una vita e adesso, con un solo sguardo si capivano e si dicevano milioni di parole.
Era per questo turbinio di emozioni forse che quella notte Maria, agitata e tra veglia e sonno rivide le immagini della sua vita precedente.
La bella creatura aveva aspettato a lungo che il fidanzato tornasse dal fronte, con la promessa di coronare il loro sogno d’amore e quel giorno, proprio mentre canticchiava i versi di “Scalinatella” [1] una vicina inizio a gridarle alla finestra: <<Maria, Marì, è tornato Gennarino, vai, vai piccerè>>.
Un secondo dopo Maria si era già catapultata per strada in direzione del suo amore. Ma appena arrivò sulle scale che conducevano alla casa materna di Gennaro, gridò il suo nome e Gennarino esausto ed emozionato ebbe un malore e crollò al suolo esanime. Il sangue le si gelò, iniziò a sudare freddo e riversa sul corpo ormai senza vita dell’amato desiderò fortemente di raggiungerlo, ovunque la sua anima fosse volata. Non poteva sopportare il distacco, l’attesa di quei mesi interminabili, non si poteva spegnere quella passione e così anche Maria cadde riversa su Gennaro e morì di dolore.
Il caldo denso di quella calda notte in vico Tre Re a Toledo venne squarciato da un urlo fortissimo. Maria aveva rivisto la sua vita precedente, aveva riconosciuto in Gennarino il volto del suo antico amore e non si capacitava di come la vita gli avesse fatto il dono di farli rincontrare nuovamente.
Era davvero tutto un miracolo, come miracoloso e angelico le pareva a volte il suo ritrovato amore. C’era qualcosa in lui che non riusciva a spiegare. Decise che era arrivato il momento di parlargli ma non sapeva come raccontargli della sua visione… e se lui l’avesse presa per pazza?
L’indomani mattina come sempre Gennarino si affacciò al balconcino e diede il buongiorno alla sua amata con le note di una canzone meravigliosa del repertorio napoletano d’autore.
Quella mattina fu la volta di Maria Marì[2].
Arápete fenesta!
Famme affacciá a Maria,
ca stóngo ‘mmiez’â via…
speruto da vedé…
Nun trovo n’ora ‘e pace:
‘a notte ‘a faccio juorno,
sempe pe’ stá ccá attuorno,
speranno ‘e ce parlá!
Oje Marí’, oje Marí’,
quanta suonno ca perdo pe’ te!
Famme addurmí,
abbracciato nu poco cu te!
Oje Marí’, oje Marí’!
Quanta suonno ca perdo pe’ te!
Famme addurmí…
oje Marí’, oje Marí’!
‘Mmiez’a stu ciardeniello,
ce ride ‘a malvarosa…
Nu lietto ‘e fronne ‘e rosa
aggio fatto pe’ te…
Viene che ‘a notte è doce,
‘o cielo ch’è nu manto…
Tu duorme e io te canto
‘a nonna a fianco a te
Oje Marí’, oje Marí’
Pare che giá s’arape
na sénga ‘e fenestella…
Maria cu ‘a manella,
nu segno a me mme fa!
Sòna chitarra mia!
Maria s’è scetata!
Na scicca serenata,
facímmole sentí:
Oje Marí’, oje Marí’
Al canto soave che Gennaro le aveva dedicato Maria rispose con il solito sorriso dolce: <<Buongiorno Amore>>, cercando di celare il turbamento, ma il sensibile supereroe colse subito l’inquietudine e la spronò a spiegare l’accaduto. Maria allora scoppiò in un pianto nervoso e raccontò dello strano sogno, di quanto le fosse sembrato reale quell’amore antico e di come forse questo avrebbe potuto spiegare l’incredibile intesa che c’era tra loro.
Gennarino scosso e frastornato decise di andare a parlare con l’unica persona che avrebbe potuto svelare l’arcano.
Appena bussò al portone del Paradiso, Gennarino si vide aprire dalla figura nivea di San Pietro che con un sorriso paterno e commosso lo accolse abbracciandolo forte.
San Pietro <<Gennarì, perdonami se non ti ho detto nulla, ti prego cerca di capire ma non sapevo proprio come dirtelo!>>
Gennaro << San Piè ma come voi sapevate e non mi avete avvertito?>>
S.P. <<Gennà te lo assicuro, io all’inizio non avevo capito che ti fossi innamorato proprio di lei, ma questo amore è andato oltre anche alle volontà dei Santi. Voi state avendo un’altra possibilità di amarvi, non pensate al passato. Cercate di amarvi come già sapete fare, custodite preziosamente questo tesoro!>>
Gennaro (in lacrime) <<San Piè scusatemi se vi ho accusato, che miracolo! Grazie, grazie, grazie>>
S.P. <<Ora corri da lei, raccontale tutto e custodite questo dono che solo due anime pure come voi potevano ricevere>>.
Dopo un lunghissimo abbraccio Gennaro si accomiatò da San Pietro e corse dalla sua amata.
Una volta che le ebbe raccontato tutto i due si strinsero in un abbraccio fortissimo, umido di lacrime di commozione, certi che il loro ritrovarsi era davvero un dono di Dio. Ritrovarsi a Napoli poi, con le sue meravigliose melodie, era davvero il Paradiso in terra.
Eva Sansanelli
[1] Bonagura-Cioffi, 1951
[2] Russo- Di Capua, 1899
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