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Tra musica e tradizioni, ‘A Nuvella come rappresentate del folklore napoletano

Sesta e settima strofa: della banalità del diverso.

Ma sei so’ li ghiastemme

Che a reggina menaje
pecchè ‘e figli nun erano eguali.

 

Ma sei so’ li ghiastemme

Che a reggina menaje

Cinche li cummare ca ricettero “allero!”

Quatto figli mascule

dduje janche e dduje nire

Tre so’li bellezze de la figlia d’o rre.

Ddoje ce steva n’ommo

ca teneva ddoje cape,

Una è la nuvenia ca te voglio cuntà


Sette so’ venute sette cavalieri,
che a reggina  mannaje a chiammà
pe’ tagliare lli ddoje cape nere.

 

Sette so’ venute sette cavalieri

Ma sei so’ li ghiastemme

Che a reggina menaje

Cinche li cummare ca ricettero “allero!”

Quatto figli mascule

dduje janche e dduje nire

Tre so’li bellezze de la figlia d’o rre.

Ddoje ce steva n’ommo

ca teneva ddoie cape,

Una è la nuvenia ca te voglio cuntà

 

Cercando di rimanere coerente al concetto dell’andare oltre, sono ormai fermamente convinta che la canzone classica napoletana non sia solo specchio del folklore (quello positivo) limitato alla sola città, ma riesca ad essere universale. Ecco perché ritengo facile sottolineare come, nelle soprascritte strofe, ci sia una critica, magari velata, non voluta, magari potente e simbolica, alle ingiustizie sociali e discriminazioni razziali.

E che la figura della regina rappresenti l’autorità, il potere, la società dominante, e le sue bestemmie la frustrazione, l’ingiustizia percepita per dei canoni che non vengono rispettati, e che in qualche modo sfuggono al controllo umano.  Che le due “cape scure” sono una metafora delle minoranze e dei loro diritti violati, Che i sette cavalieri pure rappresentano strumenti del potere, incaricati di sopprimere e punire coloro che sono considerati inferiori.

Chissà se qualcuno ne avrà pietà.

Ho voluto raccogliere due strofe in un solo articolo perché le trovo entrambe esaustive ed esaurienti per quanto riguarda ciò che vorrei cercare di affrontare. Mi sono sempre chiesta perché si ha così tanta paura del diverso. Fin dalla nascita siamo abituati alla vista del diverso; e a meno che non si acquisti qualcosa di materiale in serie (e anche in quel caso sfido i più ossessivi compulsivi a trovare tutto perfettamente uguale), ogni cosa differisce dall’altra.

Concedetemi un piccolo rewind: pur sapendo quanto fosse inutile, per la maturità organizzai una sorta di tesina, una mappa concettuale che avrebbe dovuto aiutarmi a collegare alcune materie. Mi buttai un po’ sull’autocommiserazione, un po’ sul facile, e la chiamai “Io e il Diverso“, portando quindi me stessa come argomento. Un po’ mitomane, un po’ desiderosa di evitare di iniziare come tutti dal Guernica di Picasso, decisi di parlare di me stessa in relazione a chi, nella letteratura e nelle scienze, si era distinto non solo per le sue scoperte e i suoi scritti, ma proprio per la sua personalità diversa, ai limiti della società.

Cerco di ignorare il vaso di Pandora che la me diciottenne ha appena riscoperchiato e vengo al dunque di questa epopea della maturità, per citarvi una figura che inserii nel percorso: Alan Turing.

Siamo attorno al 1938 quando i sottomarini tedeschi affondavano incessantemente i convogli di armi e rifornimenti che viaggiavano dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna attraverso il mare del Nord. Per mantenere segreti i loro movimenti, i tedeschi utilizzavano codici cifrati inviati tramite la macchina Enigma. Tuttavia, Alan Turing, un genio britannico della logica e della matematica, riuscì a decifrarli, salvando milioni di vite durante la Seconda Guerra Mondiale.

Considerato il padre di quella che noi oggi chiamiamo col dittongo IA, Intelligenza Artificiale, Turing fu reclutato nel 1938 quando la Gran Bretagna entra in guerra, come crittografo a Bletchley Park, un centro militare segreto. La sua missione era decrittare i codici della macchina Enigma, la cui cifratura cambiava ogni giorno a mezzanotte, costringendo Turing e la sua squadra a sviluppare un sistema per decifrare i messaggi tedeschi entro poche ore.

Enigma, inventata dall’ingegnere tedesco Arthur Scherbius dopo la Prima Guerra Mondiale, generava codici basandosi sullo scambio di segnali. I messaggi criptati venivano alterati nella forma, ma non nel contenuto, per impedirne la decodifica se intercettati dal nemico.

Turing sviluppò infine una macchina battezzata Bombe. […] Per ogni possibile combinazione l’elettricità attivava una catena di deduzioni logiche. In questo modo era possibile scoprire la presenza di una contraddizione e scartare la combinazione corrispondente. All’inizio del 1942 furono intercettati e decifrati circa 40mila messaggi, che in un mese raddoppiarono, giungendo infine al totale di due messaggi decriptati al minuto. Secondo il premier britannico Winston Churchill, il lavoro di Turing aiutò a ridurre dai due ai quattro anni la guerra in Europa, salvando così quattordici milioni di vite.” (https://www.storicang.it/a/alan-turing-larma-segreta-degli-alleati_15245)

Non ho mai saputo veramente collegare il lavoro di Turing con quello che avevamo fatto noi in matematica e fisica, che si fermava alle espressioni con le parentesi quadre e graffe. Anche ricordare tutto ciò che Enigma e Bombe svolgevano in quanto macchine, fu un’impresa ripeterlo all’orale. Ma il mio collegamento col diverso era un altro. Tutto quello che Turing e la sua squadra fecero, venne distrutto immediatamente dopo la fine della guerra. Nessuno avrebbe mai dovuto sapere quello che avevano svolto. Dopo anni, la sua figura venne riabilitata non solo perché gli dobbiamo molto, come la vita, ma anche perché fu messo a tacere e spinto alla morte, nei modi più brutali.

“Nel marzo 1952, Turing fu accusato di «indecenza grave e perversione sessuale» e condannato a un anno di prigione per un’imputazione che nella Gran Bretagna di quell’epoca era pesantemente sanzionata: essere omosessuale. Per evitare il carcere Turing si sottopose a una “terapia” di castrazione chimica per ridurre la libido, basata su un composto attualmente noto come dietilestilbestrolo, un estrogeno sintetico. In una lettera inviata a un amico, Turing stesso diceva: «La storia di come tutto questo s’è venuto a sapere è lunga e affascinante e un giorno te la racconterò, ma ora non ne ho il tempo. Senza dubbio ne uscirò come un uomo diverso, ma non so ancora quale…».”    (https://www.storicang.it/a/alan-turing-larma-segreta-degli-alleati_15245).

Il 7 giugno 1954 Alan Turing fu ritrovato morto accanto a una mela morsicata coperta di cianuro.

Suicidio, omicidio di Stato. Chissà.
È stato il film The Imitation Game (2014) a farmelo conoscere. E una scena nello specifico, una delle finali, che mi ha spinto ad inserirlo nella tesina, dove l’unica collaboratrice donna del team, nonché sua migliore amica e “finta moglie” Joan, lo va a trovare, anni dopo la loro missione salvifica e segreta, che vede ora Turing quell’uomo diverso che scrive nella lettera. Joan si inginocchia e intreccia le proprie mani nelle sue, incrociando per bene lo sguardo dello scienziato.

“Un uomo normale non ce l’avrebbe fatta. Questa mattina il treno è passato da una città che non esisterebbe se non fosse per te. Ho comprato il biglietto da un uomo che sarebbe morto se non fosse per te. Al lavoro mi documento su tante, tante ricerche scientifiche che esistono soltanto perché ci sei tu. E anche se tu avresti preferito essere normale, io sono felice che tu non lo sia. Il mondo è un posto infinitamente migliore perché tu non sei normale”.

Ho trovato qualcosa di unico in Napulitanata e nella canzone napoletana classica: l’associazione riesce a valorizzare la nostra tradizione musicale in modo tale da far dimenticare gli stereotipi e apprezzare la sua diversità come un vero valore aggiunto. Un esempio significativo è stata la loro partecipazione al Festival Europeo “Sea and You”, dove hanno condiviso il palco con artisti provenienti da Portogallo e Spagna.

In questo contesto, ho avuto l’opportunità di assistere a performance musicali completamente diverse dalle mie aspettative. Ed è stata la prima volta che ho potuto immergermi in una cultura davvero diversa dalla mia, a volte scontrandomi con essa, senza mai giudicarla o mettere la mia al primo posto.

L’arte, la musica, hanno la capacità di trasmettere anche ciò che inizialmente percepiamo come difettoso, facendoci realizzare che in realtà non lo è affatto. È semplicemente diverso. Mi sono aperta a una nuova visione che mi ha confermato ciò che ho sempre saputo: il diverso è ricchezza, nessuna capuzzella scura deve essere tagliata.

Che forse, con i tempi che corrono, l’argomento della mia tesina di maturità non era poi così banale.
Che forse, con i tempi che corrono, l’argomento della mia tesina di maturità non era poi così banale.

Di Alessia Thomas

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