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Ritorno al futuro: il 17enne Enrico Caruso proiettato nel 2023

Ritorno al futuro: il 17enne Enrico Caruso proiettato nel 2023 – Ragionando per assurdo: se Caruso fosse nato 100 anni dopo, oggi condividerebbe l’età e il podio con Juan Diego Flòrez ossia uno dei tenori più acclamati e dotati tecnicamente a livello globale. Probabilmente, se oggi Caruso avesse 50 anni, fumerebbe la sigaretta elettronica e avrebbe cantato nel doppio dei teatri in cui era solito esibirsi. Senza contare il numero dei voli, le sessioni di registrazione con microfoni di ultima generazione ed i conseguenti ricavi che avrebbe collezionato.
Ipotizzando che Caruso fosse nato 100 anni dopo la pubblicazione di questa foto (la più antica in nostro possesso), come si comporterebbe se, proprio come Marty McFly, avesse 17 anni e uno smartphone in mano?

Il teatro illustrato, 15 giugno 1906 n. 25 vol. II

Certamente non ho inventato una macchina del tempo come “Doc” ma voglio ragionare su questa cosa. Caruso cercherebbe i like, i commenti, le interazioni a tutti i costi? Con chi studierebbe canto? Ascolterebbe la trap dei ribelli? Amerebbe Napoli? Desidererebbe ancora cantare al Teatro di San Carlo considerate le dolorose vicissitudini interne all’istituzione che si sono susseguite ultimamente (dalle pensioni d’oro per gli ex dipendenti al bilancio 2022 recentemente approvato senza l’appoggio della regione passando per la screziata vicenda Lissner-Fuortes)? E che rapporto avrebbe col padre Marcellino se, anche in quest’ipotetico caso, ci fosse stata la prematura morte della madre Anna? L’unica a credere fin da subito nelle doti del figlio che chiamava “Il tesoro della famiglia” come confidò in un’intervista al The New York Times datata 12 novembre 1905. Addirittura, in quest’intervista, Caruso confessa che il padre andò a vederlo in una delle primissime recite al teatro Bellini di Napoli e gli disse “Attento a come canti, altrimenti ti fischio!”

Dopo gli anni passati a studiarlo, mi sembra di conoscerlo e di seguirne l’immaginario profilo IG: Caruso_Singer_06. Suppongo che il giovane Caruso sarebbe molto attivo sui social, condividerebbe tanti selfies coi compagni di baldoria e le fidanzatine, semmai gli schizzi di qualche
embrionale autocaricatura.

Caricatures by Enrico Caruso, «La follia di New York», 1908, p. 26

Oppure video mentre riscalda la voce col pianista dirimpettaio – un certo Schinardi era lo studente di pianoforte che gli insegnò alcune romanze prima di conoscere Emilia Niola e Guglielmo Vergine – così da poter (in)cantare ogni pomeriggio nella chiesa di Sant’Anna alle Paludi. Qualche fervente vecchietta esclamerebbe ancora: “Caruso è nu miracolo ’e Sant’Anna benedetta!” Avrebbe certamente bisogno di un maestro di canto per migliorarsi ma forse oggigiorno scarseggiano i professionisti di un tempo; a parte qualche rarissimo caso, preparato sia tecnicamente
che umanamente come il maestro Michael Aspinall, di cui oggi ricorre il compleanno. Non potendosi permettere le costose lezioni, come potrebbe ingegnarsi per guadagnare soldi? Facendo il tiktoker? Montando video amatoriali con le migliori giocate dei calciatori della SSC Napoli oppure modellando qualche progetto in grafica 3D? Chissà, forse frequenterebbe un istituto tecnico ad indirizzo grafica e comunicazione. E no, non penso ascolterebbe la trap. Forse sarebbe attratto dai vari Enzo Dog e Geolier ma suppongo che in privato i suoi gusti musicali tenderebbero più verso Liberato e Tropico. Certamente non disdegnerebbe gruppi come i Foja e la Maschera oppure gli indimenticati artisti di fama internazionale come Frank Sinatra e Pino Daniele.

Continuando, l’Elisir d’amore che legherebbe Caruso all’amata Napoli sarebbe fortissimo ma potrebbero esserci tanti piccoli Saverio Procida pronti a minarne la tenuta con possibili commenti taglienti sui social, inventandosi critici musicali ed intenditori di tecnica vocale. A carattere immutato dell’acerbo tenore, seppur continuasse ad attrarre like, basterebbe qualche hater per destabilizzarne fiducia e orgoglio. La città è un continuo ribollire di eventi e, infatti, stiamo assistendo all’ennesima mutazione dell’antica (e sempre nuova) polis, una fenice destinata a rinascere dalle ceneri lasciate da ingiustificate dimenticanze politiche e criminalità. Come ebbe a scrivere il tenore ne «Le memorie inedite di Enrico Caruso», contenute nella Piedigrotta Perrelli 1910: “Verrà un giorno, nutro speme, nutro speme ch’ei verrà, in cui la nostra amata Napoli potrà rivaleggiare con le città più cosmopolite, scritte a caratteri indelebili nella mia carriera d’artista”. E sì, sicuramente il giovane Enrico conserverebbe nel cuore il desiderio di cantare al teatro di San Carlo, per rendere orgogliosi i suoi cari, com’è giusto che sia: il teatro più bello e antico del mondo (1737).
Il rapporto col padre forse sarebbe diverso: un “boomer” più aperto al riconoscimento della passione del figlio. Mi piace pensare ad un genitore attento, accogliente e, soprattutto, non adultescente. Critico ma fiducioso. Insomma, il giovane Caruso sarebbe un neofita artista che confermerebbe il suo amore per Napoli e l’arte tout court, compresa l’innovazione tecnologica e l’auto-promozione. Umiltà e furbizia come compagne di viaggio.

Con oggi sono passati 2 mesi dalla dolorosissima vicenda di Giovanbattista Cutolo. Talentuoso cornista della Nuova Orchestra Scarlatti ucciso lo scorso 31 agosto da un 17enne che, per vivere 3 puzzolenti attimi di ebbrezza criminale, ha smarrito – e non soltanto per colpa sua – la già compromessa innocenza. Un’altra triste pagina del romanzo della nostra città, la quale però è un continuo ribollire di fatti importanti; in ultimo il documentario “Posso entrare? An ode to Naples” di Trudie Styler (moglie di Sting). Tanti però sono i napoletani attratti dal “me n’aggia ij a ccà” per realizzare i propri sogni; altri sono semplicemente costretti ad andar via per avere un’opportunità lavorativa in più e, quando vi ritornano, non vorrebbero lasciarla (me in primis). Altri vi restano e, proprio come i Napulitanata ed i loro spettacoli, uniscono l’utile – il professionale – al dilettevole.

Sta per finire l’anno in cui celebriamo i 150 anni dalla nascita del tenore dei tenori, un evento che ha finalmente portato alla fondazione – piuttosto criticata per le grossolane e sgarbate disattenzioni – del primo museo nazionale a lui dedicato. Passati questi tre anni di mostre e omaggi, speriamo di non richiudere Caruso nel baule del “passato il santo, passata la festa”. Se sensibilizzati all’arte, la vita di uno, dieci, cento ragazzi potrebbe trasformarsi in un capolavoro. Proprio come quella che stava costruendo Giò Giò.

Di Davide Montella

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