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Pasolini e la musica popolare campana. Una mostra da Napulitanata

Pasolini e la musica popolare campana. Una mostra da Napulitanata – Nell’anno del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, Napulitanata ha una sorpresa per voi!

Abbiamo organizzato, grazie al sostegno della regione Campania, una mostra con foto inedite della Fondazione Alan Lomax, incentrata sull’etnomusicologo Alan Lomax e sul lavoro sui canti popolari del sud Italia, e sull’unione tra Pasolini e la musica popolare campana.

Alan Lomax e Pier Paolo Pasolini, un’unione tutta da scoprire, grazie a tanti studiosi che saranno invitati e che spiegheranno il lavoro di questi due giganti della cultura popolare.

Se vuoi scoprire di più su Alan Lomax e su Pasolini e la musica popolare campana continua a leggere!

 

Il popolo è poeta

L’amore di Pier Paolo Pasolini per quella parte d’Italia contadina e popolare è ben nota. “Il popolo è naturalmente poeta” dirà, e nella mostra organizzata che vede Pasolini e la musica popolare campana protagonisti vogliamo far emergere questo dato fondamentale della poetica del regista, che sarà tanto utile per comprendere il lavoro sui canti popolari registrati da Alan Lomax.

 

La questione della lingua per Pasolini

Era solo questione di tempo prima che Pasolini e la musica popolare campana si incontrassero.

Quando Pasolini si afferma come intellettuale sono anni di forti cambiamenti sociali. L’Italia passa da una società contadina e rurale a una nazione borghese e industriale.

Di mezzo c’è la questione della lingua!

Studioso delle forme dialettali in tutte le sue forme, Pasolini ha un rapporto profondo con le lingue autoctone per tutta la sua carriera. Le studia nei saggi, le usa nei film, nei romanzi, nelle sue poesie, e rimpiange quel tipo di linguaggio autentico e naturale che sta svanendo in Italia mentre si afferma l’industrializzazione.

Analizza come in Italia si stia formando un italiano tecnico, freddo, lontano dai dialetti.

Una lingua sintatticamente semplice, senza metafore, tanto care al dialetto, senza latinismi e fiorentinismi, senza riferimenti alla letteratura.

L’unico che resiste è il contadino che “è padrone di tutta la sua realtà” in quanto “parla il suo dialetto”.

 

L’amore per Napoli

Pasolini amava Napoli.

Il regista collaborò con Totò per Uccellacci e Uccellini, per La terra vista dalla Luna e per Che cosa sono le nuvole?, e avrebbe collaborato anche con Eduardo De Filippo per il film Porno-Teo-Kolossal, se solo non fosse morto prima di girarlo.

Amava di Napoli quel suo rifiuto verso l’omologazione capitalista, quella sua spontaneità che non ritrovava in nessun’altra città, quel suo strano equilibrio che reggeva da millenni e non era cambiato, e avrebbe ritrovato tutto questo nella musica popolare campana.

La nostra mostra riflette in maniera autentica la frase di Pasolini:

“I napoletani oggi sono una grande tribù che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg o i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. […] Questa tribù ha deciso di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, […] restando fino all’ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili”.

Lingua e modo di vivere completamente fuori dalla storia, e per questo vivi e autentici, tanto autentici da doverli salvare.

Il suo Gennariello nelle Lettere Luterane è un trattato pedagogico indirizzato a un quindicenne inventato napoletano, al quale confida che il ruolo di Napoli sarà quello di essere “l’ultimo grande villaggio” in un mondo di città  immerse nella società dei consumi.

 

Il Decameròn napoletano

Nel 1971 Pasolini realizza il primo film della trilogia della vita. Il Decameron.

Un’opera tutta girata tra Napoli e Caserta vecchia.

Nell’originale di Boccaccio solo tre novelle sono ambientate a Napoli, ma Pasolini vi ambienta tutto il suo Decameron, con l’unica lingua che ha la possibilità di esprimere quel mondo arcaico e lontano dal capitalismo.

Utilizza un napoletano verace e autentico e sposta tutte le coordinate geografiche nel capoluogo campano.

 

La musica del Decameron

La musica popolare campana ha un valore inestimabile per Pasolini.

Non solo accompagna il film, ma è altamente evocativa.

Da subito, dopo i titoli di testa, si sente un Pulcinella che annuncia l’inizio del film con le note della Canzone di Zeza, un canto popolare che uno dei più importanti musicologi del ‘900, Alan Lomax, aveva registrato nel suo viaggio a metà anni ’50 nel sud italiano.

Continuando la visione, si può sentire Il coro delle lavandaie del Vomero durante la novella di Andreuccio da Perugia, e la tarantella montemaranese, registrata sempre da Alan Lomax, durante il matrimonio di Gemmàta, la Serenata di Antonio Ventura, e altri tanti suoni registrati dall’etnomusicologo statunitense

La nostra mostra vuole raccontare le radici profonde della musica popolare campana, attraverso il lavoro preciso e prezioso di Alan Lomax, e attraverso l’amore del dialetto per Pier Paolo Pasolini nei suoi lavori.

 

Vuoi scoprire di più? Seguici su tutte le piattaforme e vieni a scoprire la nostra musica popolare!

 

𝐼𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑜 ➡️ ✅ grazie al co-finanziamento della Regione Campania con la L.R. n. 7/2003, contributi per la promozione culturale anno 2022; 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑙 𝑝𝑎𝑡𝑟𝑜𝑐𝑖𝑛𝑖𝑜 𝑚𝑜𝑟𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 ➡️ Comune di Napoli Museo Archeologico di Napoli Università degli Studi di Napoli “Federico II”

 

Di Davide Lancia

Bibliografia

Pier Paolo Pasolini, a cura di, Canzoniere Italiano. Antologia della poesia popolare, Garzanti Editore, Milano, 1992

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